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Il “bambino interiore” in psicologia: guarire le ferite emotive

By 9 Settembre 2019 No Comments
Conosci il significato di bambino interiore in psicologia? Tutti noi abbiamo un “bambino interiore”, una parte che è caratterizzata dalla capacità di percepire al massimo moltissime sensazioni, ed è anche la parte che custodisce molti dei nostri ricordi, dei desideri e della nostra capacità creativa. Tuttavia, con il trascorrere degli anni, si tende a perdere la connessione essenziale con il bambino interiore, elemento che può portare a disturbi di vario tipo, da quelli legati all’autostima alle difficoltà relazionali. Proprio per questo sarebbe necessario riprendere il contatto con esso, e capire anche che cos’hanno indicato nelle diverse epoche i grandi pensatori in merito al suo concetto. Il bambino interiore secondo Carl Jung Per Carl Jung il concetto di bambino interiore era, ovviamente, importante. Esso lo identificava con l’epiteto di bambino divino, e specificava come esso potesse essere la nostra vera essenza. Per Jung il fanciullo sarebbe, da un lato, inerme ed esposto ai pericoli del mondo, e d’altra parte sarebbe molto forte, quasi capace di farsi valere anche nelle situazioni più drammatiche e in quelle che possono determinare un potenziale pericolo. Proprio per le sue caratteristiche il bambino interiore non dovrebbe essere abbandonato al mondo dell’inconscio, ma dovrebbe essere sempre oggetto di contatto anche da parte di chi si trovi ormai nell’età adulta, soprattutto perché, dando ascolto al bambino interiore sarebbe possibile riprendere contatto con quella parte che ci consentirebbe di realizzare noi stessi. Il bambino interiore secondo Eric Berne Il bambino interiore in psicologia è stato valutato anche da Eric Berne. Questo pensatore aveva teorizzato la presenza di un modello di personalità che lui chiamava tripartita. Quindi, secondo Berne ognuno di noi avrebbe una personalità divisa in tre diverse strutture: proprio queste strutture consentirebbero di identificare tre modalità coerenti di pensare, fare e sentire. Sempre secondo questo pensatore, i tre stati dell’Io porterebbero anche alle tre modalità con le quali la persona si potrebbe muovere nel mondo: quella del bambino, dell’adulto e del genitore. Lo stato del genitore sarebbe quello per il quale la persona agirebbe proprio come farebbero i suoi genitori, a loro immagine e somiglianza. A seconda del tipo di “genitore” che la persona sia in grado di impersonare si avrebbero anche reazioni diverse dell’Io bambino: di espressione nel caso in cui l’Io genitore sia affettivo, oppure di paura e repressione nel caso di un Io genitore autoritario. Il bambino interiore secondo Charles Whitfield Anche Charles Whitfield si è occupato di parlare del bambino interiore, ritenendolo il vero e proprio Io reale, quello che sarebbe in grado di apportare le vere sensazioni al nostro Io. Infatti, per Whitfield il bambino interiore sarebbe quella parte energica, creativa, viva e soddisfatta che sarebbe presente in ognuno di noi, e che dovremmo ricercare per trovare il nostro vero Io. Il bambino interiore e la psicologia Si può capire, scandagliando le indicazioni di questi grandi pensatori, come il bambino interiore in psicologia sia molto importante, e come sia fondamentale soprattutto ricreare un rapporto tra noi e il nostro bambino interiore, in modo da riscoprire la nostra parte più vera.

Conosci il significato di bambino interiore in psicologia?
Tutti noi abbiamo un “bambino interiore”, una parte che è caratterizzata dalla capacità di percepire al massimo moltissime sensazioni, ed è anche la parte che custodisce molti dei nostri ricordi, dei desideri e della nostra capacità creativa.

Tuttavia, con il trascorrere degli anni, si tende a perdere la connessione essenziale con il bambino interiore, elemento che può portare a disturbi di vario tipo, da quelli legati all’autostima alle difficoltà relazionali.

La psicologia negli anni ha dimostrato che la cura del proprio bambino interiore infatti guarisce le ferite emotive vissute durante l’infanzia.

Proprio per questo sarebbe necessario riprendere il contatto con esso, e capire anche che cos’hanno indicato nelle diverse epoche i grandi pensatori in merito al suo concetto.

Il bambino interiore secondo Carl Jung

Per Carl Jung il concetto di bambino interiore era, ovviamente, importante. Esso lo identificava con l’epiteto di bambino divino, e specificava come esso potesse essere la nostra vera essenza.

Per Jung il fanciullo sarebbe, da un lato, inerme ed esposto ai pericoli del mondo, e d’altra parte sarebbe molto forte, quasi capace di farsi valere anche nelle situazioni più drammatiche e in quelle che possono determinare un potenziale pericolo.

Proprio per le sue caratteristiche il bambino interiore non dovrebbe essere abbandonato al mondo dell’inconscio, ma dovrebbe essere sempre oggetto di contatto anche da parte di chi si trovi ormai nell’età adulta, soprattutto perché, dando ascolto al bambino interiore sarebbe possibile riprendere contatto con quella parte che ci consentirebbe di realizzare noi stessi.

Il bambino interiore secondo Eric Berne

Il bambino interiore in psicologia è stato valutato anche da Eric Berne. Questo pensatore aveva teorizzato la presenza di un modello di personalità che lui chiamava tripartita.

Quindi, secondo Berne ognuno di noi avrebbe una personalità divisa in tre diverse strutture: proprio queste strutture consentirebbero di identificare tre modalità coerenti di pensare, fare e sentire.

Sempre secondo questo pensatore, i tre stati dell’Io porterebbero anche alle tre modalità con le quali la persona si potrebbe muovere nel mondo: quella del bambino, dell’adulto e del genitore.

Lo stato del genitore sarebbe quello per il quale la persona agirebbe proprio come farebbero i suoi genitori, a loro immagine e somiglianza.

A seconda del tipo di “genitore” che la persona sia in grado di impersonare si avrebbero anche reazioni diverse dell’Io bambino: di espressione nel caso in cui l’Io genitore sia affettivo, oppure di paura e repressione nel caso di un Io genitore autoritario.

Il bambino interiore secondo Charles Whitfield

Anche Charles Whitfield si è occupato di parlare del bambino interiore, ritenendolo il vero e proprio Io reale, quello che sarebbe in grado di apportare le vere sensazioni al nostro Io.

Infatti, per Whitfield il bambino interiore sarebbe quella parte energica, creativa, viva e soddisfatta che sarebbe presente in ognuno di noi, e che dovremmo ricercare per trovare il nostro vero Io.

Il bambino interiore e la psicologia

Si può capire, scandagliando le indicazioni di questi grandi pensatori, come il bambino interiore in psicologia sia molto importante, e come sia fondamentale soprattutto ricreare un rapporto tra noi e lui, in modo da riscoprire la nostra parte più vera.

Il bambino dentro continua a chiedere quell’amore incondizionato che, se non ha ricevuto, può diventare facilmente rabbia pronta a uscire fuori con la prima persona che fa riaccendere la sensazione di rifiuto avuto dalla madre.

Liberare il proprio bambino interiore infatti significa amarsi di più e, di conseguenza, riuscire con maggiore tranquillità a controllare le proprie emozioni e sentimenti. In questo modo possiamo vivere evitando che ogni cosa negativa che accade sia un torto verso la nostra persona.

Attraverso la pratica del reiki, con un terapeuta esperto, si può entrare in contatto con il proprio bambino interiore.

 

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Eva Sykora

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